Lo scoiattolo e la bambina

“Pani Lucia, quando morirai?” i suoi occhi color ghiaccio braccano lo sguardo sorpreso dell’insegnante che le ha appena spiegato come disegnare gabbiani in volo con due semplici tratti. Un piccolo infinito silenzio le tiene incollate a quell’istante, finché Pani Lucia sente il fluire mellifluo della propria voce, “non ne ho idea, di sicuro avverrà quando sarà il momento giusto.” Segue un sorriso pacifico e benevolente, a cinquantacinque anni è facile condurre il gioco senza compiere errori.

Erano giorni sereni, prima che scoppiasse la guerra D. aveva sei anni e viveva in una grande dimora posta al centro di un ampio parco immerso in un’area boschiva situata lungo il corso del Dniepr, non lontano in linea d’aria dalla residenza del presidente Z. Quando l’autunno aveva cominciato a strapazzare gli alberi con vento, pioggia e persino una prima spruzzatina di neve, lei aveva continuato la sua routine tra gioco e lezioni private. Sotto lo sguardo severo degli svettanti abeti rossi e la timida compagnia delle sempre più incerte foglioline di betulla, aveva continuato a scorrazzare con la sua biciclettina o a dondolarsi sull’altalena conficcata a terra con una sapiente gettata di cemento dal capocantiere Gena – un’ala della residenza, quella dedicata alla piscina e area spa, era ancora in fase di costruzione. In balia dei capricci del vento, una dopo l’altra erano tornate alla terra tutte le foglie decidue e lei aspettava paziente l’arrivo dell’insegnante del giorno. Gli amichetti di D. erano gli animali e gli uccellini del bosco. Spesso le teneva compagnia Golf, uno scoiattolo dal pelo rossiccio che amava rosicchiare noci e nocciole su un ramo poco distante dal patio e dalla casetta che Gena gli aveva costruito, dove nocciole e sementine non mancavano mai. Lei lo aveva chiamato Golf perché la nocciola che era sempre intento a sgranocchiare sembrava una copia in scala ridotta della palla da golf che D. maneggiava al country club durante gli allenamenti del sabato. “Il golf non mi piace per niente ma voglio diventare una campionessa!” aveva rivelato una mattina alla sua insegnante di italiano.

Oggi è particolarmente attenta e gentile, si è persino offerta di appuntirle la matita, perché non c’è comunque modo che possa lasciarle usare quella di Pani Maria – “no, non puoi usarla, MAI!” – torna a ripeterle ogni volta. Pani Maria è la maestra di ucraino che viene a farle lezione tutti i pomeriggi mentre lei le fa lezione di italiano al mattino. Di fatto il compito di insegnarle italiano va ben oltre le lezioni di grammatica e lessico. Quando arriva in questa magione immersa in una solitaria foresta di conifere, Pani Lucia comprende sempre di più che il suo compito è quello di infondere buon umore, empatia e calore umano a una personalità in evoluzione, stando bene attenta a non interferire con gli altri codici esistenti e per lei in larga parte sconosciuti. Non vi è dubbio che lei e Pani Maria siano le custodi di mondi paralleli da cui l’affluente scolaretta è libera di attingere come un uccellino del paradiso all’interno della sua gabbia dorata. Oggi però una nuova scomoda idea si è fatta breccia dentro la mente di Pani Lucia. “Pani Maria si arrabbierebbe molto e mi darebbe una sberla!” Le parole della bambina destano in lei un senso molesto. Sceglie di non dare importanza all’idea e subito la dismette come fantasia infantile, sente però la propria voce porre una domanda: “hai mai ricevuto uno schiaffo?!” ora Dunya si è rimessa a disegnare, sta tratteggiando un grosso gabbiano che campeggia al centro del foglio, “ma chi comanda tra i gabbiani, chi è il loro capo?” era stata la prima domanda del mattino a cui lei aveva risposto “no, gli uccelli sono diversi dagli umani e dagli animali terrestri, loro sono liberi di volare ovunque desiderano!” – ma la risposta non doveva averla convinta. “Sì! Quando non le obbedisco mi picchia ma non vuole che nessuno lo sappia!” riprende subito a disegnare ma presto aggiunge, “Pani Lucia, non voglio che tu muori, MAI!” 

Come sua insegnante di italiano desidero essere amata e rispettata, soprattutto essere per lei una fonte di serenità e uno scrigno di tante cose preziose, degna ambasciatrice di un’eredità culturale umanistica importante. Esistono tuttavia barriere culturali tanto invisibili quanto impossibili da abbattere, e qui la mia volontà di poter fare la differenza vacilla: come opporsi all’ordine prestabilito delle cose? E in ogni modo, come agire e dare voce ai timori con i genitori della bambina? E se fosse soltanto una rappresentazione fantastica del male in una mente infantile? In fondo l’arte di stare al gioco nel mondo degli adulti è una conquista recente anche per Pani Lucia che alla domanda “quando morirai?” solo facendosi forza è riuscita a rispondere con la voce di un’adulta.

PS: Poco prima che scoppiasse la guerra D. e la sua famiglia hanno lasciato la grande dimora di Koncha Zaspa, Ora vivono in luogo sicuro e D. frequenta una scuola italiana. Di Golf e Pani Maria non è dato sapere il destino.

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