
Si rivedono dopo vent’anni sulla spiaggia della loro città nella sera di eclissi totale di luna, Marte in grande opposizione. “Anna! Ma non sei cambiata, sei sempre la stessa!” Lei indossa jeans strappati, una maglietta nera con un pulcino giallo dipinto a mano e un sorriso leggero. Gli va incontro lungo il camminamento di pietra mentre uno dopo l’altro cerca di far saltare i ponti dei ricordi. Con affettuoso distacco lo abbraccia.
Vorrebbe potergli dire “anche tu” ma non riesce: i suoi capelli non sono più neri, il corpo è appesantito e ha il viso stanco di chi ha dormito poco e male. Capisce anche che nemmeno ora riuscirà a chiederglielo. Se fosse stato lui il misterioso intervistatore col giubbetto chiaro quel mattino di quarant’anni prima. Sua madre non ha dubbi. “Stamattina si è presentato al cancello un ragazzo molto educato – per un sondaggio, un progetto scolastico, ha detto. L’ho lasciato entrare e abbiamo finito per parlare di famiglia, scuola e mondo giovanile. Un tipo interessante.”
A proposito di ricordi. Un pomeriggio a caso di quell’autunno. La scuola è ripresa da un mese e Anna è nuova in città. Il prato sotto la finestra è già stato inghiottito dall’ombra della casa. Finora questo è stato il luogo impregnato di luce e di suoni dove trascorrere l’infilata dei giorni estivi; ora la famiglia è lì per restare e lei è un’adolescente. Il mondo oltre il cancello non la interessa, lo osserva dalla sua camera, la finestra una grande lente. Su una vecchia cassapanca ha posto una radio che sintonizza su Radio Tre: vuole imparare ad ascoltare la musica classica che la attrae come un universo sottomarino. E’ fiduciosa, l’autodisciplina è un’antica alleata, come quando, undicenne, le ha fatto cambiare grafia per passare al più elegante stampatello inglese: della rotonda spensieratezza del corsivo non è rimasta traccia, il capitolo infanzia archiviato per sempre.
Nel nuovo liceo l’inserimento procede senza traumi. Allenata al balletto dei cambiamenti di compagni e insegnanti, confida in un elementare meccanismo di resilienza. Con paziente curiosità attende che ogni giorno depositi un altro tassello utile per elaborare nuove conoscenze e, quando complesse situazioni spuntano là fuori, continua a tenerle sotto controllo con l’aiuto della scrittura. E’ una pratica che le fa riempire quaderni di parole testarde. Paese. Le case sono piccole e antiche, le strade sono piccole anch’esse, passa una donna con gonna, passa un bambino che strilla disperatamente.
Ora, soprattutto, colleziona indizi. Compresi gli spostamenti di una bicicletta nera e gli sguardi fuggevoli ma non indifferenti di un tipo alto della quinta A. Sempre più spesso le sembra di vederlo ovunque: alle assemblee di scuola, per il corso, alle quattro iniziative culturali che la vita di provincia offre. La sua è una presenza costante: se ne sta in piedi in fondo alla sala, a braccia conserte e con la sciarpa al collo. Per qualche ragione spicca sugli altri: forse per la statura, forse per il caldo timbro della voce, oppure per gli occhi che brillano ironici in bilico su un sorriso.
Presto diventano amici ma per difetto di occhi verdi o azzurri, quelli che lui sistematico cerca nelle ragazze che corteggia, tali rimarranno: prova a contrario le giungerà per lettera anni dopo da oltreoceano: “forse, se non mi fossi lasciato distrarre da altri occhi azzurri, chissà che cosa avrei scoperto dietro i tuoi più schivi.” Per mesi, forse anni, continuano a scriversi mentre la quotidianità disegna i loro destini paralleli: altri occhi azzurri per lui, altro sguardo vivace per lei. Un giorno, nell’era liquida dei social, una lunga chat da una sponda all’altra dell’oceano li riconnette, poi si riperdono di vista, fin quando il caso li deposita su questa spiaggia, complici amici comuni e la fatalità di un lutto familiare per lui.
“E così voi due vi conoscevate già da tempo! E magari lei ti piaceva anche, eh?” Chiede qualcuno a cui lui ha appena elargito una generosa pacca sulla spalla. Il suo viso è nascosto nel buio, “con Anna siamo amici da sempre. Quando io frequentavo la quinta, lei era in seconda B. Il suo compleanno è il 12 aprile.” Ha sempre avuto il gusto del dettaglio. No, in fondo neanche lui è cambiato, pensa Anna. Non solo ha mantenuto la sua memoria da elefante ma anche i modi affabili del gran populista – “il nostro Che”, era solita chiamarlo, mentre lui incassava quell’epiteto con un senso di disagio che lei non aveva mai compreso fino in fondo.
La strampalata rassegna di domande e risposte che segue serve a entrambi per fare ordine nei ricordi e condensare anni di manovre esistenziali, mentre è alle memorie dei rispettivi smartphone che entrambi si affidano per illustrare il presente. Con orgoglio di marito e di padre fa scorrere qualche immagine di vita americana, quando però tocca a lei mostrare i suoi cari, lui si ritrae e sceglie l’autocommiserazione: “è inutile che me le mostri. Senza gli occhiali non vedo più nulla.”
Nessuno aggiunge altro, gli sguardi di tutti ora si appuntano al cielo, dove l’eclissi di luna si è fatta totale. Sei gradi più sotto del nostro satellite, in grande opposizione al sole, regale brilla Marte, colto nel momento di vicinanza massima al nostro pianeta. Dopo Venere e la Luna, è l’oggetto più luminoso.
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